giovedì 23 ottobre 2008

Divide et impera!


Alcuni raccontano storie lontane nel tempo. Storie di terroristi in un Ottocento pieno di fermento, guerre, rivoluzioni, massoneria. Un Ottocento in cui i sommovimenti politici partivano dalle università e si diffondevano, a stento, tra i contadini. Siamo in Russia, negli anni Settanta dell'Ottocento. L'istruzione statale comincia ad esser non esclusivo patrimonio di figli di nobili, ma fruibile anche da figli di funzionari statali, della borghesia, della popolazione ebraica. Componenti di un Impero in pieno fermento per le continue riforme di Alessandro II. E le voci dei reazionari che vorrebbero una minore apertura all'altro, il diverso. Immaginiamo che i rivoluzionari nascano in quelle università e comincino ad utilizzare metodi sempre più violenti per sovvertire l'ordine dello stato. Si potrebbe ipotizzare che dietro alcuni ci sia la mano occulta di un potere forte. E' stato più volte affermato che dietro a parte del terrorismo dei Settanta dell'Ottocento, ma anche nei decenni successivi, agisse il potere occulto di alcuni importanti reazionari che occupavano alte cariche dello Stato. Uno dei più noti romanzi russi degli ultimi anni, Il consigliere di Stato, di Boris Akunin, mostra quanto fosse importante l'apporto, per la destabilizzazione dello stato russo, dell'opera di un burocrate che muoveva di nascosto i fili della rivoluzione.

Altri raccontano storie vicine negli anni, o forse nei giorni. Immaginano che ci sia qualche potere occulto che abbia cominciato a pensare di sovvertire l'ordine costituito della Repubblica Italiana. O, forse, dicono, siano sulla buona strada per modificare pacificamente la Repubblica in uno stato altro, lontano purtroppo dalle democrazie occidentali. Queste persone affermano che, dietro a continui tentativi di modificare parti dell'organizzazione dello stato, si vogliano ottenere tre obiettivi fondamentali:
1) La lobotomizzazione dell'opinione pubblica, abbassandone sostanzialmente il livello culturale, e non permettendo più a tutti l'accesso all'istruzione pubblica garantito dalla Costituzione Italiana.
2) La divisione dell'opinione pubblica, attraverso lo scontro sociale, e la cruda opposizione tra le varie componenti dello stato, necessaria a garantire una stabilità di governo attraverso l'antico motto: divide et impera!
3) Il ricorso alla violenza attraverso l'uso della polizia nella gestione dell'ordine pubblico, affinché, intensificando lo scontro e aggravando la tensione, siano fomentate nuove forme di violenza.
Il risultato di tutto questo, raccontano alcuni, è l'abbassamento dei diritti e la diminuzione della libertà individuale, in nome del mantenimento (falso) di un ordine pubblico per permettere la piena sovversione, da parte di questo gruppo interpartitico, della democrazia italiana in un'opera silenziosa.

La conclusione, centocinquant'anni fa, fu piuttosto tragica. Nell'Impero russo, il 1 marzo 1881, lo zar riformista pagò con la vita la sua opera di apertura...

Dell'Italia, invece, non so nulla. Penso che dottorandi e ricercatori non si debbano più occupare di un'Italia che non li merita. Perché un paese che non finanzia la ricerca non è un paese civile. Penso che dottorandi e ricercatori debbano espatriare e dare lustro a stati civili degni di questo nome. Al "divide et impera" una sola risposta: addio!

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